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mercoledì 2 agosto 2017

Max Strata: Lettera al mio contemporaneo









 

Lettera al mio contemporaneo: La grande sete e la nuova normalità.
di Max Strata.

Scrivo a te 
in piena notte, visto che non dormo e non solo per il caldo ma per quanto sta avvenendo.
Scrivo a te mio contemporaneo che accidentalmente leggerai queste poche righe e probabilmente mi
prenderai per paranoico, per depresso, per inutile allarmista e può darsi che tu abbia ragione.
Non dormo perché in te che ho incontrato, con cui ho parlato o che magari hai letto qualcosa che ho
scritto, non sono riuscito a generare un solo autentico momento di apprensione, un attimo di vera
riflessione su quello che sta accadendo.
Magari adesso che si parla di siccità hai drizzato un pò le orecchie, ma niente di più.
Come sempre, la tua è una vaga attenzione passeggera.
Tra un pò anche questo argomento verrà temporaneamente messo da parte e sarai ben lieto di
continuare a comportarti come stai facendo, felice di non affrontare il problema, di allontanare questo
fastidio.
Devo dirti caro contemporaneo che non hai capito, che non hai compreso che cosa ci aspetta, perché
quello che vedi ora è solo una piccola anticipazione di quanto sta arrivando.
Nella nuova normalità dei prossimi anni queste temperature già elevate saranno un piacevole ricordo,
l'acqua dolce inizierà a scarseggiare, le produzioni agricole diminuiranno e la capacità di carico degli
ecosistemi si ridurrà ulteriormente.
Non hai capito che queste non sono ipotesi non verificabili di incalliti ambientalisti che odiano la
modernità, questo è lo scenario che ci attende in un mondo che tu non vedi ma che già adesso fa conti
con il riscaldamento globale e che è completamente dominato dai conflitti per l'accaparramento delle
ultime terre fertili, per le risorse idriche, minerarie ed energetiche.
Nella tua frenesia quotidiana non dedichi un solo minuto per comprendere che ruolo hai in tutto questo e ingenuamente pensi che a risolvere certe questioni debba essere la "politica" o addirittura "il
mercato".
Caro contemporaneo, hai minato il tuo stesso futuro e ancora non te ne rendi conto.
Guidi a cento all'ora con una benda sugli occhi e pensi che sia un gioco.
La delusione e l'imbarazzo sono grandi: non lo nego, non sono riuscito a comunicare con te, non ho
minimamente scalfito la tua corazza.
La realtà è che tu sei cieco e sordo ad ogni necessità di cambiamento.
Sei aggrappato alle tue abitudini e alle tue convinzioni come un mitile ad uno scoglio e non le mollerai, fino a quando non sarà evidente che loro hanno abbandonato te e allora sarà troppo tardi.
Perchè la possibilità di frenare questa folle corsa c'è ma richiede un cambio di rotta immediato che
comporta una nuova impostazione mentale, che invoca la rinuncia al desiderio di avere sempre
qualcosa in più e che si fonda sulla semplicità e sulla sobrietà volontaria: una virata a 360° che
evidentemente non sei disposto a fare.
Sai che è necessario tornare a vivere modestamente celebrando l'essenziale, che è fondamentale
recuperare il rapporto con gli altri e con la tua comunità, che è necessario riformare profondamente sè
stessi e non prestarsi più alle illusioni e ai ricatti del potere, in tutte le sue forme.
Ma quanto pare, preferisci continuare ad infilare la testa sotto la sabbia.
Così scrivo a te, caro contemporaneo, e scrivo a me nello stesso tempo, perchè anch'io,
evidentemente, non ho la forza necessaria per cambiare fino in fondo, per staccare definitivamente la
spina da questo folle sistema che crede veramente di poter crescere all'infinito e di dominare il pianeta espropriando a ciascuno di noi il senso stesso della vita.
E sia chiaro che siamo noi che alimentiamo questo sistema. Noi siamo i responsabili.
Noi che ci giriamo dall'altra parte pur di non vedere a che punto stà il mondo, noi che non vogliamo che sia intaccato il nostro stile di vita e che per questo ignoriamo la distruzione, lo sfruttamento, la fame e la violenza che si manifesta ogni dove anche oltre la nostra immaginazione.
Noi che abbiamo dimenticato i concetti di limite, rispetto, compassione.
Noi bianchi, neri, rossi e gialli, senza differenza di colore in questo caso ma noi intesi come quelli
opulenti, ingombranti, noi che stiamo sopra.
Solo un'immediata presa di coscienza e una decisa azione collettiva potrebbe evitare il peggio, ed ogni giorno che trascorre senza che ciò avvenga è un passo in più verso il baratro.
Un'altra notte insonne dunque, pensando a te caro contemporaneo e pensando a me, in attesa che
cada qualche goccia dal cielo.
Una notte che passa lentamente con il senso di colpa che abbraccia per intero il mio corpo, che mi
schiaccia sul letto ma che non voglio che mi abbandoni, perchè è proprio questo senso di
inadeguatezza che non mi fa chiudere gli occhi e che mi tiene ancora vivo.

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