di Andrea
Vento - Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati - 19 novembre
2017
Dal
7 al 17 novembre a Bonn, presieduta dalle isole Fiji, si è tenuta la
Cop 23 (la 23esima Conferenza annuale sul clima organizzata dall'Onu)
nel cui ambito, i rappresentanti di 195 paesi più l'Ue, si sono
riuniti al principale scopo di trovare strategie di applicazione
concreta degli Accordi di Parigi, raggiunti alla Cop 21 del 2015, in
tema di riduzione dei gas climalteranti. Accordi storici che, a
seguito dei proclami enfatici dei leaders mondiali, avevano suscitato
grandi speranze per il contenimento del gravoso problema del
surriscaldamento globale. Il 'clima' fiducioso è però ben presto
svanito dopo le analisi degli ecologisti sul testo conclusivo dal
quale sono invece emerse significative criticità, in primis: la
mancata istituzione sia
di “un comitato di controllo del rispetto delle disposizioni” che
di un "meccanismo sanzionatorio" per chi non rispetti gli
impegni sottoscritti. In pratica si tratta di accordi giuridicamente
non vincolanti il cui rispetto è riposto nella sensibilità
ambientale dei governi e nella loro determinazione politica nel
trasformarla in atti concreti.
La
Conferenza di Bonn che si era aperta con queste premesse e col
dichiarato scopo di accelerare sulla strada dell'implementazione
degli Accordi di Parigi e di fissare più stringenti regole, dopo due
settimane di incontri serrati si è conclusa senza alcuna decisione
importante, tant'è che si svolgerà una sorta di sessione suppletiva
della Conferenza nel mese di dicembre a Parigi. Un fallimento in
parte annunciato e confermato dall'assenza dei principali leaders
mondiali, ad eccezione di A. Merkel e di M. Macron, e del grande
circo mediatico internazionale che ha, salvo alcune eccezioni,
disertato, e quindi oscurato al grande pubblico, l'evento.
Quattro
tuttavia risultano, seppur di basso profilo, i risultati conseguiti
degni di nota:
Approvazione
di un piano d’azione per la parità dei sessi: il Gender action
plain. Sicuramente apprezzabile ma del quale non si comprende la
stretta attinenza col contenimento del riscaldamento globale.
Riconoscimento
del ruolo dei “Popoli Nativi” nella lotta al cambiamento
climatico, nella conservazione della bio-diversità e nella
salvaguardia dell’ambiente. Viene ufficialmente preso atto che i
popoli autoctoni non saranno più un ostacolo, bensì una risorsa
nella lotta al riscaldamento globale.
Attivazione
del gruppo di lavoro sulla sicurezza alimentare e sull’agricoltura.
Dopo sei anni di evanescenti trattative, alla Cop23 è stato
riconosciuto che il cambiamento climatico aggrava l’insicurezza
alimentare delle popolazioni più fragili e, contemporaneamente, che
le pratiche agricole correnti (agro-industriali) incidono sulle
emissioni di gas serra per circa il 21% del totale, imponendo un
radicale ripensamento del settore dell'agrobusiness, in modo da
ridurne le emissioni.
“Sorpasso”
effettuato da parte delle realtà locali (regioni, città, comuni,
comunità indigene, ecc), alle rappresentanze ufficiali degli Stati.
Emblematico è il caso della California che, nonostante le decisioni
di Trump di uscire dagli Accordi di Parigi, ha annunciato a Bonn per
bocca del suo
governatore Jerry Brown
il rispetto degli impegni da parte del proprio stato.
Tutto
il resto un'empasse totale. In pratica non sono state assunte
significative decisioni in merito:
al
meccanismo di risarcimento dei danni e delle perdite (Loss and
Damage)
al
finanziamento delle misure di compensazione per indurre i Paesi in
via di Sviluppo a ridurre le emissioni
alla
trasparenza dei finanziamenti da concedere per la realizzazione
delle misure di mitigazione ed adattamento.
Le
responsabilità del fallimento sono principalmente riconducibili agli
egoismi nazionali dei paesi più sviluppati i quali, nonostante i
proclami di voler comunque andare avanti a prescindere dalle
posizioni di Trump, si sono distinti per le assenze o per
dichiarazioni 'fumose' come quelle della Cancelliera tedesca che dopo
aver affermato che "Quella del clima è una sfida centrale per
il mondo, una questione di destino dell'umanità" ha poi
ripiegato su un più prudente "La chiusura delle centrali a
carbone (ancora in numero rilevante in Germania)
è un problema sociale"- perché secondo la Merkel potrebbe
comportare un aumento del costo dell'energia- e che "va
affrontato con calma", rinviando, a imprecisati più idonei
tempi, la decarbonizzazione energetica tedesca.
Il
fallimento dei lavori della Conferenza è riassunto nel documento
conclusivo dal quale emerge la richiesta al segretario Onu Antonio
Guterres di preoccuparsi della reale messa in pratica delle azioni da
parte degli Stati membri: dall’effettivo svolgimento dei compiti
assegnati alla distribuzione trasparente dei finanziamenti.
Lo
stato attuale dell'atmosfera
Mentre
a Bonn andava in scena la rituale commedia delle parti, all'insegna
dell'immobilismo, i report in materia di recente realizzazione da
parte di vari Istituti di ricerca fotografano una situazione in
allarmante evoluzione, sia per quanto riguarda la composizione
chimica dell'atmosfera, che per le condizioni meteo-climatiche
globali.
In
base al report diffuso dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale
(WMO) a fine ottobre la concentrazione di Co2, principale gas serra,
in atmosfera si sarebbe ormai stabilizzata oltre le 400 parti per
milione, avendo raggiunto quota 403 a fine 2016, con un aumento di 3
punti rispetto all'anno precedente. In pratica un netto e strutturale
sforamento della soglia di sicurezza fissata a quota 350 oltre la
quale le possibilità di riduzione diventano estremamente più
complesse. Infatti anche se riuscissimo fin da oggi ad abbattere
totalmente le emissioni inquinanti, la concentrazione di Co2 in
atmosfera continuerebbe ad aumentare per alcuni decenni, a causa
dell'inerzia del fenomeno, rendendo problematico il rientro sotto
tale soglia. Questa particolarità, tipica dei sistemi complessi, è
confermata dal rapporto annuale della NEAA (Agenzia per la
valutazione ambientale olandese) dal quale risulta che nel 2016, per
il terzo anno consecutivo, le emissioni globali di Co2 sono risultate
invariate senza tuttavia riuscire a contenerne l'aumento della
concentrazione in atmosfera.
La
presenza di Co2 nell'atmosfera ha subito un forte incremento rispetto
all'era pre-industriale (1750) registrando ad oggi una crescita del
145% con una brusca impennata nell'ultimo mezzo secolo, durante il
quale è salita di ben 80 punti, passando da circa 320 agli attuali
403 ppm. Una crescita inarrestabile che rischia di vanificare, se non
affrontata drasticamente, gli obiettivi fissati agli Accordi di
Parigi: contenere l'aumento della temperatura media terrestre non
oltre i 2 gradi centigradi (possibilmente 1,5) rispetto al periodo
preindustriale, entro la fine del secolo. Se consideriamo che in base
allo stesso report del WMO la temperatura media degli oceani e
dell'atmosfera è aumentata di ben 1,1° rispetto all'era
pre-industriale e le peculiarità del sistema Terra rispetto al ciclo
di assorbimento della Co2, il quadro da complesso si trasforma in
drammatico: in assenza di interventi concreti finalizzati
all'abbattimento delle emissioni globali non solo gli obiettivi di
Parigi sono praticamente dietro l'angolo ma, in base alle previsioni
degli scienziati saremmo proiettati verso una crescita della
temperatura media terrestre compresa fra i 3 ed i 5°, con
catastrofiche conseguenze climatiche sulle produzioni agricole e
sulla vita delle persone
Riscaldamento
globale e cambiamenti climatici
E
dal fronte delle rilevazioni dei valori climatici che giungono
allarmanti conferme rispetto alle previsioni: in base al report
emesso dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale alle soglie della
Cop23 emerge in modo allarmante come "con
ogni probabilità il 2017 sarà uno
dei tre anni più caldi di sempre" e non fa che confermare il
trend di inesorabile riscaldamento già statisticamente rilevato: 16
dei 17 anni più caldi dall'inizio delle rilevazioni meteorologiche
siano stati quelli del nuovo millennio,
oltre al 1983.
I
dati diffusi dalle varie Organizzazioni e Istituti di ricerca si
riferiscono ovviamente al sistema Terra nel suo complesso, senza
prendere in considerazioni le implicazioni locali dei fenomeni in
atto che purtroppo talvolta presentano i suoi aspetti più drammatici
in termini di anomalie meteorologiche con conseguenti devastanti
effetti ai danni dell'ambiente e delle persone. In numerose regioni
terrestri
infatti negli ultimi anni è stato riscontrato un sensibile
incremento degli eventi climatici estremi quali uragani e
inondazioni catastrofiche, bombe d'acqua e piogge torrentizie, ondate
di calore e di siccità da record, scioglimento delle calotte polari
e innalzamento del livello degli oceani.
Secondo
i dati WMO il periodo gennaio-settembre 2017 ha avuto una temperatura
media globale di circa 1,1°C al di sopra del livello pre-industriale
con varie zone dell'Europa meridionale, come l'Italia, il Nord
Africa, parte dell'Africa orientale e meridionale oltre alla Russia
asiatica e alla Cina hanno raggiunto temperature massime senza
precedenti. Gli Stati Uniti nordoccidentali e il Canada occidentale,
al contrario, hanno registrato temperature più basse rispetto alla
media del trentennio 1981-2010.
I
recenti eventi meteorologici estremi in Toscana
Anche
la Toscana non è stata purtroppo risparmiata dagli effetti dei
cambiamenti climatici: dopo un'estate particolarmente calda e
siccitosa (vedi le carte della Anomalia della Temperatura media e
della Anomalia di precipitazioni rispetto alla media climatica
entrambe fra 1/6 e 31\/8), abbiamo registrato anomale piogge
torrenziali ad inizio di settembre culminate nell'alluvione di
Livorno del 9 e 10 settembre che ha provocato danni per decine di
milioni di euro e ben 9 morti.
L'eccezionale
evento meteorologico ha riversato secondo i dati rilevati dal
Consorzio Lamma (Laboratorio di Meteorologia e Modellistica
Ambientale) fino
a 245 mm sul litorale pisano (stazione pluviometrica di Bocca
d’Arno), 175 mm a Pisa, 165 mm a Livorno, 245 mm (dei
quali 210 tra le ore 1.45 e le 3.45) a
Valle Benedetta sulle colline a sud-est della città Livorno e 215 mm
a Quercianella sulla costa a Sud di Livorno.
In
pratica è stata registrata una quantità di precipitazioni pari alla
media pluviometrica dei precedenti otto mesi.
Le
straordinarie piogge di inizio settembre tuttavia non chiudevano la
lunga stagione delle anomalie meteorologiche in Toscana per l'anno in
corso che dal punto di visto delle temperature ha registrato nei
primi 10 mesi dell'anno ben 8, esclusi Gennaio e Settembre, con
valori medi superiori al trentennio 1981-2010 e da quello delle
precipitazioni l'Ottobre più siccitoso dell'ultimo secolo. Un evento
particolarmente anomalo considerato che quello in considerazione, in
Toscana, è uno dei mesi con maggiori precipitazioni dell'anno (vedi
grafico termopluviometrico della città di Livorno) creando gravi
problemi di approvvigionamento delle falde freatiche che storicamente
si ricaricano nel trimestre Ottobre-Dicembre. A documentazione della
grave crisi pluviometrica registrata ad Ottobre in Toscana riportiamo
di seguito un estratto del report del Lamma.
Ottobre:
tra i più secchi degli ultimi 100 anni
Ottobre
chiude con un record preoccupante: quello di essere stato tra i mesi
di ottobre più secchi degli ultimi cento anni in molte città
toscane. Ha piovuto pochissimo, solo il 5% delle piogge attese in
questo mese; un dato che risulta ancora più pesante se
inquadrato nel contesto della lunga siccità dei mesi scorsi, fatta
eccezione per settembre.
Precipitazioni
Le
piogge osservate nel mese di ottobre sono risultate soltanto il 5% di
quelle attese nel periodo. Con un'anomalia di -95%, le precipitazioni
osservate sono state eccezionalmente al di sotto della media
climatica (1981-2010). Ad Arezzo sono piovuti 7 mm rispetto ai
105 che ne piovono mediamente in ottobre, a Prato 4 mm rispetto ai
121 attesi, a Massa Carrara 14 mm rispetto a 167 attesi. Lo si evince
bene dalla mappa che mostra la percentuale di piogge osservate
rispetto alla media.
Questi
dati fanno di ottobre 2017 il più secco degli ultimi cento
anni in particolare nelle città di Pistoia, Prato, Pisa e
Livorno. Risulta il secondo più secco a Grosseto, Firenze, Arezzo e
Massa-Carrara; "solo" il terzo più secco a Siena e Lucca.
Nei 10 capoluoghi mediamente si sono avuti 7 giorni piovosi in
meno.
Nessun
respiro per la carenza idrica che ormai da mesi interessa la Toscana
con gravi conseguenze sul comparto agricolo. Peraltro il periodo
ottobre - dicembre è molto importante per la ricarica delle falde e
l'assenza di precipitazioni risulta quindi ancora più pesante.
La
tabella a seguire indica i deficit dei mm di pioggia espressi in %
(1981-2010) relativi al mese di ottobre ed all'intero anno 2017 (da
gennaio a ottobre). La mappa della Toscana mostra la percentuale di
pioggia caduta a ottobre rispetto alla media del mese.
Capoluoghi
|
|
ottobre 2017
|
|
2017
|
Arezzo
|
|
-
93 %
|
|
-
25 %
|
Firenze
|
|
-
95 %
|
|
-
29%
|
Grosseto
|
|
-
96 %
|
|
-
59 %
|
Livorno
|
|
-
95 %
|
|
-
29 %
|
Lucca
|
|
-
96 %
|
|
-
17 %
|
Massa
|
|
-
97 %
|
|
-
25%
|
Siena
|
|
-
87 %
|
|
-
17 %
|
Pisa
|
|
-
92 %
|
|
-
27%
|
Pistoia
|
|
-
91 %
|
|
-
35 %
|
Prato
|
|
-
98 %
|
|
-
10 %
|
|
|
Come
invertire la rotta..?
Il
riscaldamento globale ed i cambiamenti climatici accompagnati da un
preoccupante aumento dei fenomeni meteorologici estremi non risulta
quindi una mera questione accademica ma un preoccupante fenomeno che
tocca la vita dei comuni cittadini a partire dai danni subiti a
seguito degli eventi catastrofici, per finire all'impatto sulle
produzioni agricole che stanno subendo drammatiche riduzioni con
nefaste conseguenze, principalmente sulla vita dei contadini del Sud
del mondo che in misura maggiore sono costretti ad abbandonare le
loro terre ormai inaridite per cercare una speranza di sopravvivenza
altrove. Il fenomeno delle migrazioni forzate per cause
climatico/ambientali è in drammatica ascesa tant'è che nel 2016 ha
subito un ulteriore incremento arrivando a toccare la preoccupante
cifra di 23 milioni e mezzo di persone e al quale l'Onu e le
Convenzioni internazionali, in particolare quella di Ginevra,
dovrebbero finalmente riconoscere lo status ufficiale di "Profughi
climatici" e garantirne la possibilità di richiesta di asilo
politico a chi cerca rifugio all'estero.
Personalmente
ritengo gli Accordi di Parigi un passo avanti verso la lotta al
surriscaldamento globale ma che reputo ancora insufficiente sia per
il suo carattere non vincolante che per la mancanza di resoconti da
presentare sull'operato dei paesi. In pratica tutto è demandato alla
volontà politica degli stati che come è oramai accertato si scontra
con enormi interessi economici, in primis quelli delle multinazionali
del settore energetico e automobilistico.
La
situazione si va facendo sempre più drammatica ed i tempi di
intervento sempre più ristretti per cui l'attendismo dei leaders
mondiali non trova più alcuna giustificazione. Occorre intervenire
in fretta e con azioni incisive tese a superare il modello di
sviluppo attuale basato sul perseguimento infinito della crescita e
sulla dipendenza dalle fonti fossili
e introdurre nuove forme produttive basate sull'economia circolare,
sull'agroecologia,
sulla decarbonizzazione e sulla transizione energetica verso le fonti
rinnovabili.
Agire
ora, subito, senza tentennamenti prima che sia troppo tardi e
l'alterazione del sistema Terra risulti irreversibile. Perché non
sono solo in gioco le sorti dell'ambiente e del pianeta bensì quelle
dell'intera umanità.
Andrea
Vento - Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati - 19 novembre
2017