Introduzione
In occasione della COP 21, la
Conferenza sul Clima, che si è svolta a Parigi dal 30 Novembre
all'11 Dicembre 2015, ho ritenuto utile e interessante proporre nelle
mie classi della scuola secondaria di I grado di Ponte a Egola, una
attività didattica specifica che si è inserita nell'ambito
dell'insegnamento della Geografia.
Le classi destinatarie dell'intervento
sono state tre: due classi prime (dove insegno storia e geografia) e
una classe terza (dove insegno italiano, storia e geografia).
Contenuti affrontati
Il cambiamento
climatico: cause e conseguenze.
Questo argomento
si è inserito nella programmazione delle classi prime, dove si
affrontano gli aspetti generali del clima e anche nella
programmazione della classe terza, dove si affrontano aspetti di
geografia generale a livello mondiale.
Descrizione della metodologia
utilizzata
In tutte le classi ho iniziato
l'attività qualche giorno prima che si aprisse la Conferenza.
Classi prime
Nelle classi prime sono partita da una
specie di indovinello, per incuriosire i ragazzi e farli partecipare
attivamente. Ho detto loro di cercare cosa fosse la sigla COP 21, di
tenere le orecchie aperte ascoltando telegiornali, radio, monitorando
internet, leggendo giornali e quotidiani, invitandoli anche a
coinvolgere i loro genitori. Non ho svelato loro niente.
Alla lezione successiva, nell'ambito di
una bella lezione dialogata, ho ascoltato i ragazzi invitandoli a
condividere con me e la classe ciò che avevano scoperto. Nella
classe prima B abbiamo anche realizzato alla Lim una mappa
concettuale (allegato 1) con il brain storming delle informazioni
ricavate dalle indagini dei ragazzi. Nella classe prima C diversi
alunni avevano deciso di presentare le loro ricerche attraverso
disegni e cartelloni (allegato 2) che poi sono stati attaccati in
classe. Quasi tutti i ragazzi hanno partecipato con entusiasmo a
questa prima fase dell'esperienza, scrivendo testi o procurando
materiale utile.
Vista poi l'importanza dell'argomento
abbiamo deciso di monitorare la conferenza per tutto il suo
svolgimento, tenendo un piccolo diario di bordo delle notizie più
significative. Erano i ragazzi stessi che quando mi vedeva entrare in
classe volevano condividere con me ciò che avevano letto o
ascoltato.
Una volta terminata la conferenza
abbiamo cercato di capire come fosse andata a finire. In questo caso
ho ascoltato ciò che avevano capito i ragazzi e poi ho proposto loro
un articolo di giornale (allegato 3) che ho schematizzato alla
lavagna che analizzava i punti di forza e quelli di debolezza
dell'accordo.
Nella classe prima C il lavoro ha avuto
una valenza interdisciplinare, grazie alla collaborazione
dell'insegnante di scienze.
Classe terza
Nella classe terza il lavoro è stato
interdisciplinare perché ha coinvolto le discipline di Geografia e
Italiano. Inoltre c'è stata la collaborazione dell'insegnante di
sostegno (che è una docente di Tecnologia), che ha spiegato alcuni
aspetti più di tipo scientifico.
Anche in questa classe il punto di
partenza è stato cercare informazioni sulla COP 21. I ragazzi si
sono attivati e alla lezione successiva abbiamo aperto una bella
discussione guidata sulle tematiche del cambiamento climatico e
abbiamo creato una mappa alla Lim. (allegato 4)Abbiamo poi letto un
articolo sui rapporti tra cambiamento climatico e agricoltura (
allegato 5) che poi i ragazzi hanno dovuto riassumere per scritto.
Anche in questa classe abbiamo
monitorato lo svolgimento della conferenza e una volta conclusa, ho
preparato una rassegna stampa con articoli tratti da alcuni grandi
quotidiani che hanno dedicato ampio spazio alla vicenda ( Corriere
della sera, Il Manifesto e La Stampa del 13 Dicembre 2015). Ho quindi
distribuito ai ragazzi gli articoli da me selezionati e li ho fatti
lavorare in coppie o piccoli gruppi nella modalità del cooperative
learning. I ragazzi hanno letto gli articoli e li hanno poi esposti
alla classe utilizzando la Lim per schematizzarne i contenuti.
L'attività si è conclusa con una
bella verifica formativa. I ragazzi dovevano produrre un testo
scritto, seguendo una scaletta da me fornita e scegliendo la forma
testuale che ritenevano più idonea. (allegato 6)
I lavori prodotti sono stati tutti di
alto livello, in particolare quello di una alunna, che ha esposto e
rielaborato l'argomento in maniera molto personale (allegato 7) e che
è stato selezionato per essere pubblicato su Pisorno.it ( inserire
link)
Materiali e Strumenti
Lim con
connessione ad internet
Softwere
Teachermappe della Anastasis
Articoli di
giornale in cartaceo e in pdf
Max Strata, Oltre
il limite. Noi e la crisi ecologica. Dissensi Edizioni
National
Geographic, La sfida del clima, numero speciale di Novembre 2015
Carlo
Petrini: «Il clima è cibo e terra»
articolo
di Rachele Gonnelli, tratto dal Manifesto del 29.11.2015
Il
fondatore della rete Slow Food lancia l’appello online: Non
Mangiamoci il Clima . «È
grave
- per Carlo Petrini - che il paradigma del summit sia legato al
business. L’unico che parla di
biodiversità
è il papa»
«Non
si comincia mica bene». Il vertice dell’Onu sul clima a Parigi non
è ancora cominciato e Carlin
Petrini,
fondatore di Slow Food e eco-gastronomo di fama internazionale, è
preoccupato.
Perché
non si comincia bene?
Nelle
54 pagine del testo che apre i lavori non c’è la parola
“agricoltura”, neanche una volta, non si
cita
mai il problema della biodiversità. È una carenza grave perché si
tagliano fuori miliardi di
persone
e poi segnala un errore di impostazione. Perché agricoltura
significa cibo, economia locale,
significa
sovranità alimentare dei popoli.
L’agricoltura
è insieme vittima del cambiamento climatico, e anche, in parte,
corresponsabile del
problema.
È vittima in quanto ogni aumento di un grado della temperatura media
determina uno
spostamento
delle coltivazioni di 150 chilometri verso il nord geografico e di
150 metri più in alto.
Questo
slittamento vuol dire perdita di prodotti in aree tipiche,
distruzione di zone rurali,
impoverimento
di intere comunità e conseguente migrazione delle popolazioni che
non riescono più
a
vivere dove vivevano un tempo. Nello stesso tempo l’agricoltura,
per come si è andata
configurando
negli ultimi cinquant’anni, ha incorporato lo spirito e il senso
dell’economia industriale,
è
diventata per la maggior parte un’agricoltura che mira al massimo
profitto a una produzione
massiva
che non ha a cuore la difesa della natura e la salvaguardia delle
risorse della terra.
L’agricoltura
intensiva insieme all’allevamento industriale sono responsabili del
70% del consumo di
risorse
idriche e la zootecnia da sola della produzione del 14% delle
emissioni di gas serra.
Sappiamo
quanto siano disastrosi questi allevamenti, non solo per il benessere
degli animali, ma
anche
per l’impatto che hanno sull’ambiente. Il modello che intensifica
le produzioni non rispettando
i
ritmi naturali , le stagioni, i raccolti, è lo stesso che ci porta
sulla tavola ogni giorno qualsiasi tipo
di
cibo, anche dal più sperduto buco del mondo, come fosse una cosa
normale.
Come
se non avesse un costo sociale, un ultra-prezzo? Non ci siamo un po’
abituati a tutto
questo?
( pioggia autunnale come un monsone, pesci tropicali nel
Mediterraneo, insetti
e
piante di altri climi).
Sì,
come ci hanno abituati a considerare normale che il 35% del cibo
prodotto venga buttato, uno
spreco
che equivale alla distruzione delle colture di 1,4 miliardi di ettari
di terra. Coltivazioni che
hanno
prodotto emissioni nocive. Perciò bisogna cambiare logica rispetto
al mantra che ci impone
solo
di consumare, consumare, consumare.
Nell’agenda
del summit di Parigi ci saranno anche gli incontri dell’Ifad,
l’agenzia dell’Onu
che
chiede investimenti a vantaggio dei piccoli agricoltori per
combattere la
desertificazione,
Slow Food può farsi sentire lì?
Abbiamo
con l’Ifad una partnership diretta. Quando organizziamo,
annualmente, Terra Madre
partecipa
sia l’Ifad sia la Fao. Aggiungo che un mese fa al meeting Terra
Madre indigenous abbiamo
radunato
145 comunità indigene di 40 paesi del mondo. Anche da lì è nato il
nostro appello “Non
mangiamoci
il clima” che rivolgiamo ai governi riuniti a Parigi.
L’appello
è già sottoscritto da centinaia di associazioni e movimenti e ora
sul sito www .slowfood .it
attende
la firma dei cittadini. Penso che la presenza operativa della società
civile si debba far sentire,
adesso
o mai più. Non è possibile che Cop21 parta dando per scontato che,
se va bene, il pianeta si
surriscalderà
di 2 gradi. Se poi i limiti di emissione dei gas serra, come sembra,
non saranno
vincolanti,
non so dove si andrà a finire.
Se
invece che di biodiversità e land grabbing, si parlerà soprattutto
di agrofuel e carbon
markets,
non è perché le grandi company del nucleare, dell’acqua, delle
auto nel voler
“dare
il loro contributo alla causa ecologica” stanno facendo lobby?
L’ong Transnational
institute
dice che sono loro ad aver sostenuto come sponsor il 20% delle spese
del summit.
Non
mi stupisce. Già sei-sette mesi fa avevamo segnalato come certe
sponsorizzazioni di
multinazionali
non fossero un buon segnale. Ma sono i governi che devono prendere le
decisioni,
a
loro ci dobbiamo rivolgere.
Lo
slogan dei movimenti che saranno in piazza oggi è “system change
not climate change”.
D’accordo?
Si deve cambiare sistema?
Non
c’è ombra di dubbio. Bisogna cambiare paradigma, dico io. Si deve
capire che le cattive
pratiche,
basate solo sul business, generano iniquità e sconquassi ambientali.
Bisogna anche capire
che
si tratta di cambiare stile di vita. Ora sappiamo tutti dell’allarme
dell’Oms sull’eccessivo
consumo
di carne. Ma si deve anche sapere che se in Europa il consumo medio
pro capite in un anno
è
100 chili e negli Usa 125 chili, non si può chiedere agli africani,
che ne consumano in media 5 chili
l’anno,
di ridurlo perché inquina.
Il
ragionamento deve essere: contrazione per che chi consuma troppo e
convergenza per chi non ne
ha
a sufficienza. Questa è una vera governance mondiale. Ma attualmente
l’unico capo di Stato che
sostiene
un paradigma di equità e sostenibilità è il pontefice romano.
L’enciclica Laudato Si è un
documento
straordinario di riflessione sul cibo, la biodiversità, la povertà,
su come tutto sia
connesso.
Per
una governance mondiale ecologica non servirebbe, come in Bolivia,
una sorta di
tribunale
dell’Aja per i reati ambientali?
Può
essere una via. La scorsa settimana in Brasile c’è stato un immane
disastro ambientale e i
responsabili
non sono punibili in base alla legge brasiliana. Non lo sarebbero
stati fino a vent’anni fa
neanche
in Italia.
In
Italia ancora manca una legge nazionale a difesa dei terreni agricoli
sempre più invasi dalla
cementificazione.
Se continuiamo così oltre al dissesto idrogeologico avremo un
deserto di cemento.
©
2016 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE
TEMA SULLA COP 21
ATTIVITA'
INTERDISCIPLINARE GEOGRAFIA-ITALIANO
PARLA DELLA
COP 21.
ECCOTI UNA POSSIBILE
SCALETTA:
PARTE INTRODUTTIVA:
DOVE E QUANDO SI
E' SVOLTA?
SPIEGA IL
SIGNIFICATO DELLA SIGLA COP 21
QUALE SCOPO HA
QUESTA CONFERENZA?
PARLA DEL
RISCALDAMENTO GLOBALE INDICANDONE CAUSE E CONSEGUENZE
METTI IN EVIDENZA
ALCUNE SIGNIFICATIVE POSIZIONI DEGLI STATI PARTECIPANTI
COME SI E' CONCLUSA
LA COP 21? QUALI TRAGUARDI SONO STATI RAGGIUNTI? QUALI ASPETTI
CRITICI POSSIAMO EVIDENZIARE?